Smart Contract: opportunità, applicabilità e limiti giuridici

Dalla tracciabilità dei prodotti alla tutela della proprietà intellettuale, dalle transazioni finanziarie alla gestione delle operazioni condominiali: possiamo, senza dubbio, affermare che gli smart contract sono potenzialmente dei contratti con un campo d’azione pressoché illimitato.

D’altro canto, la strada è ancora lunga affinché il contratto “smart” possa definirsi un vero e proprio contratto valido. In questo articolo, approfondiremo l’aspetto giuridico degli smart contract, capiremo come funzionano, quali sono i campi d’applicazione e, in particolar modo, quali sono le differenze che intercorrono tra queste forme contrattuali e quelle più tradizionali.

Cos’è uno smart contract e qual è il suo significato

Il termine inglese “smart” può avere, in italiano, i più svariati significati. Da “intelligente” a “brillante”, da “sveglio” a “rapido”, persino “elegante”. Tutti aggettivi, però, che difficilmente possono avere qualcosa in comune con il sostantivo “contratto”. Il più noto dei negozi giuridici, infatti, generalmente viene definito in maniera differente, con termini che richiamano un accordo di tipo “vincolante”, “tipico” e “atipico”, oppure “preliminare”.

Con il termine smart contract, che potremmo dunque tradurre letteralmente come “contratto intelligente”, viene indicata un’innovativa forma contrattuale che permette a due o a più soggetti di stipulare un contratto di qualsivoglia natura senza dover ricorrere alla presenza di intermediari, e senza la necessità di stabilire un incontro fisico tra le parti.

Smart Contract e Blockchain: di cosa stiamo parlando

Ricorrendo a protocolli informatici che operano in modo del tutto automatico, la formula contrattuale può essere quindi validata al verificarsi di determinate condizioni prestabilite dagli stessi contraenti. Procedendo in tal senso, è possibile escludere l’eventualità che una delle parti coinvolte nella stipula del contratto possa decidere arbitrariamente di non rispettare i pagamenti e/o le condizioni stabilite.

In pratica, rispetto ai tradizionali contratti cartacei, gli smart contract sono costituiti da funzioni informatiche integrate in programmi software, le cui condizioni vengono specificate sotto forma di codice eseguito all’interno di una rete basata su blockchain, piuttosto che essere registrati su un foglio di carta e conservati da una persona fisica come un notaio.

Parlare di smart contract senza fare riferimento alla blockchain (letteralmente “catena dei blocchi”) è un po’ come voler guidare un’auto da corsa senza avere a disposizione una pista su cui correre. Tuttavia, è possibile comunque pensare alla scrittura di uno smart contract prescindendo dal suo collocamento, che potrà anche avvenire in un secondo momento. In questo modo, il programmatore potrà procedere direttamente con la scrittura dei protocolli che andranno a regolare il “contratto intelligente” sulla base delle necessità che le parti, contraenti dell’accordo scritto, hanno precedentemente dichiarato e regolamentato.

Le diverse tipologie di smart contract

Alla luce di quanto detto fino ad ora, se dovessimo rispondere alla domanda: “Può un contratto essere smart?”, la risposta sarebbe: “Sì, un contratto può, senza dubbio, essere smart”.

Il contratto è “intelligente” nel momento in cui è il protocollo informatico a gestire l’oggetto del contratto, i rapporti tra le parti, nonché a far valere le singole clausole e a verificarne la correttezza.

I “contratti intelligenti” possono essere suddivisi in due macro-categorie: gli smart legal contract e gli smart contract. La differenza tra i due è piuttosto semplice. Il primo potrà essere definito “legal” solo quando saranno le parti a decidere di dare al contratto stesso un valore legale. La programmazione di protocolli informatico-digitali deve reggersi su una base normativa solida.

Pertanto, ancor prima di firmare digitalmente uno smart contract, è fondamentale redigere un buon contratto “tradizionale” in forma scritta.

A questo punto, se le parti trovano un accordo generale e questo stesso accordo è normato da regole applicabili in diritto (ovvero, è efficace agli effetti della legge), il contratto potrà essere senza dubbio regolamentato e inserito in una blockchain così da consolidarne l’efficacia.

Quali sono i campi d’applicazione di uno smart contract

I campi di applicazione di uno smart contract sono numerosi e possono interessare, potenzialmente, tutti gli ambiti in cui i dati possono essere raccolti ed elaborati attraverso un software, tenendo conto delle condizioni previste dal contratto stesso.

Tra gli esempi principali di smart contract rientrano, ad esempio, i casi di:

Esempi di smart contract  

Un esempio pratico di applicazione di smart contract supportato da una blockchain potrebbe essere la gestione di un condominio.

Nel caso specifico, grazie allo smart contract, sarà possibile regolare tutte le operazioni condominiali come pagamenti in favore del condominio, le votazioni assembleari, le variazioni millesimali e altre operazioni simili.

In previsione di gestire tutte queste operazioni, la singola capacità del contratto verrà codificata e inserita in un protocollo con interfaccia che andrà poi a scrivere la blockchain del condominio. In questo modo, ogni “evento” registrato all’interno dello stesso potrà essere tracciato e reso intelligibile, automatizzato, trasparente e immodificabile.

In poche parole, sicuro.

Con l’attivazione di uno smart contract, sarà inoltre possibile pagare le spese automaticamente attraverso una funzione che autorizzi il proprio istituto di credito a disporre bonifici in favore del condominio nelle scadenze previste. Una volta verificato il consenso fornito dall’utente, ogni operazione avverrà digitalmente e in totale sicurezza, grazie alla garanzia di protezione sui consensi autorizzativi fornita da una blockchain.

Come funziona uno smart contract

La procedura ha inizio con la stipula di un contratto: le due parti contraenti trascrivono le clausole in uno smart contract che verrà registrato successivamente nella blockchain.

Una volta verificata l’esattezza delle informazioni riportate, l’accordo digitale entra a far parte di un “blocco”. In seguito, i validatori della blockchain andranno a verificare questo blocco tramite il meccanismo Proof of Work (PoW), ricevendo a loro volta la criptovaluta come ricompensa. Al termine di questa operazione, il blocco contenente il nostro smart contract potrà essere aggiunto alla blockchain.

Questo protocollo potrebbe essere, inoltre, munito di una consolle di controllo, ovvero di un’interfaccia che consente alle parti contraenti di verificare, correggere lo smart contract senza modificarlo e di monitorarne, altresì, lo stato e le sue condizioni. Quando l’interfaccia di controllo (ad esempio, un’applicazione per smartphone) invia alla blockchain il segnale che una o più condizioni si sono verificate, questa renderà automatica l’esecuzione dello smart contract.

Ma senza addentrarci troppo nei profili tecnico-informatici degli smart contract e delle blockchain, che tratteremo e approfondiremo in altra sede, dedichiamo i prossimi paragrafi all’aspetto giuridico del “contratto intelligente” nel diritto italiano.

Lo smart contract è un contratto a tutti gli effetti?

Se, a un primo sguardo, gli smart contract possono apparire come la fisiologica evoluzione dei contratti tradizionali, regolamentati dal nostro vigente Codice civile, in realtà c’è ancora molta strada affinché ciò accada.

Quindi no, lo smart contract non è uno strumento in grado di sostituire una forma contrattuale tradizionale.

Si tratta, piuttosto, di funzioni e istruzioni condizionali (if/then) inserite in software e protocolli informatici che regolano, elaborano e concludono accordi tra diversi soggetti. Un “contratto” multiuso che, come in un sodalizio giuridico, è in grado di stabilire un accordo vincolante tra le parti e collocarlo in una “blockchain” (piattaforma tecnologica) così da scriverne i dati, mettere in esecuzione il contenuto dell’accordo siglato e verificarne la validità.

Il primo passo degli smart contract

Per risalire all’origine dello smart contract basta andare indietro solo di qualche anno, precisamente nel 2019. È proprio in quell’anno che il Decreto Semplificazioni ha consentito l’ingresso dei contratti intelligenti e delle tecnologie basate sui registri distribuiti all’interno del nostro sistema normativo. Ancora oggi, l’AGID (Agenzia per l’Italia Digitale) è al lavoro per verificare i requisiti tecnici richiesti per consentire il riconoscimento giuridico di queste tecnologie.

Senza dubbio, lo smart contract apre nuovi scenari e nuove possibilità in ogni campo, ma siamo lontani dal parlare di “contratto” in termini giuridici.

Il futuro dei contratti è digitale  

È già chiaro quale sia la direzione verso cui la normativa – che regola qualsivoglia forma contrattuale – si sta, pian piano, spingendo. Sono già tanti i Paesi che, senza alcuna titubanza, manifestano interesse per gli smart contract e che guardano positivamente ai vantaggi pratici ed economici di queste nuove tecnologie.

Si tratta di Paesi che hanno già promulgato leggi che incentivano le blockchain e gli smart contract e che normano diversi aspetti di tali contratti. Probabilmente, Spagna e Stati Uniti, così come Malta e Svizzera, sono tra gli Stati precursori dei contratti smart e fautori di un controllo di diritto che lascia comunque piena libertà di utilizzo di questi nuovi strumenti. Bisogna dire, però, che negli Stati del common law, forse appare meno complesso trovarsi a dirimere controversie su fattispecie giuridico/tecnologiche moderne.

La situazione in Italia

Non è un mistero che in Italia, al contrario, risulti molto più complesso normare tutti quegli elementi che, altrove, rendono semplice uno smart contract. Il primo nodo da sciogliere, innanzitutto, riguarda la forma.

Un linguaggio software richiede, infatti, un processo di formazione più complesso rispetto a quello previsto per la carta. Operazioni come la verifica dei protocolli, che è alla base dello smart contract, l’eliminazione di eventuali bug, di errori nel codice, così come l’inserimento di tutte le clausole che regolamentano i rapporti tra le parti, richiedono l’intervento di uno sviluppatore o di un programmatore esperto.

Altri aspetti da valutare

La complessità della regolamentazione degli smart contract in Italia ha a che vedere con diversi aspetti, non soltanto relativi alla formazione ma anche di natura tecnico-giuridica. Queste nuove tecnologie, infatti, dovranno già essere adottate e in uso anche nei palazzi di giustizia.

Bisogna considerare, altresì, che se alla base di uno smart contract vi è una normativa, tutte le controversie sia digitali che riguardanti inadempimenti o eventuali violazioni rilevate nel “contratto intelligente” dovranno trovare riscontro non solo in sede di tribunale ma anche nel suo stesso codice.

Smart contract: tra limiti e opportunità

Come abbiamo potuto constatare, è difficile gestire le complessità contrattuali e prevedere ogni possibile errore. Difatti, un ulteriore aspetto di cui tener conto è proprio quello della responsabilità.

Se da un lato i contraenti saranno sempre responsabili per ciò che attiene l’accordo giuridico, il funzionamento o l’eventuale malfunzionamento di uno smart contract a chi sarà realmente attribuibile?

Molti giuristi dibattono oggi su quale sia la migliore soluzione per regolare gli smart contract in diritto. Il processo non è semplice, ma di certo il mondo digitale è talmente connesso al quotidiano che non si può escludere a priori un futuro tecnologico delle forme contrattuali. Certo, ammesso e concesso che questa tecnologia sia davvero “smart”.

Noi siamo sicuri che il diritto saprà trovare risposte pratiche anche a queste fattispecie. Se hai bisogno di una consulenza specifica in materia di diritto, puoi rivolgerti al nostro Studio, Bisconti Avvocati di Palermo. I nostri professionisti potranno seguirti per qualsiasi problematica legale e fornirti una soluzione concreta ed efficace in base alle tue esigenze. Contattaci.

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