Gli effetti delle misure di contenimento del virus Covid-19 sui contratti

Il coronavirus e le misure di contenimento imposte dai governi nazionali stanno influenzando negativamente la capacità delle aziende di adempiere ai contratti commerciali sottoscritti. Lo scenario che si presenta è alquanto complesso tenuto conto che in una situazione di normalità la conseguenza dell’inadempimento contrattuale è il risarcimento del danno. A questo punto sarà necessario capire se il coronavirus e i provvedimenti restrittivi siano idonei o meno ad escludere l’eventuale responsabilità da parte del soggetto inadempiente.

Se l’emergenza non permette di rispettare gli impegni contrattuali, i rimedi invocabili saranno quelli previsti nel singolo contratto se convenuti, o quelli rinvenibili nel Codice Civile (impossibilità sopravvenuta o l’eccessiva onerosità sopravvenuta).

Sarà necessario dunque verificare ogni singolo contratto e valutare ciascun caso a sé. Fatta questa premessa in linea generale, il nostro ordinamento prevede ipotesi in cui l’inadempimento di una parte non comporta il risarcimento del danno.

L’impossibilità sopravvenuta prevista dall’art. 1256 c.c. può essere invocata quando la parte obbligata, senza sua colpa, non possa più rispettare gli impegni presi. La norma si applica in tutti quei casi in cui l’impossibilità sia addebitabile a un provvedimento dell’autorità (provvedimenti dell’autorità, come quelli emanati per far fronte all’emergenza coronavirus), a forza maggiore (Covid – 19) o caso fortuito (evento eccezionale ed imprevedibile, come l’impossibilità di ottenere materie prime a causa di blocchi determinati dal Covid – 19). Affinché possa essere invocata l’impossibilità sopravvenuta sarà necessario però dimostrare un collegamento diretto tra l’evento impeditivo e l’impossibilità di rispettare gli accordi contrattuali, in caso contrario, il mancato rispetto degli impegni potrà essere considerato inadempimento per colpa.

Accertata l’impossibilità ex art. 1256 c.c., le conseguenze variano a seconda che la suddetta impossibilità sia totale, parziale o temporanea.

In caso di impossibilità totale l’art. 1463 c.c. prevede la risoluzione del contratto senza diritto ad alcun risarcimento o a penali da inadempimento.

Se l’impossibilità invece è solo parziale, l’art. 1464 c.c. prevede che l’altra parte ha diritto alla riduzione proporzionale della sua prestazione oppure di recedere dal contratto se non ha più interesse a un adempimento parziale.

Infine ai sensi dell’art. 1256, co. 2, c.c. qualora l’impossibilità sarà temporanea la prestazione sarà eseguita quando cesserà l’evento che causa l’impossibilità.

Lo stesso decreto “Cura Italia” fa riferimento al rimedio della risoluzione per impossibilità sopravvenuta con riferimento ai contratti di soggiorno, in aggiunta a quanto già previsto per i contratti di trasporto aereo, ferroviario e marittimo, prevedendo un meccanismo di rimborso erogato attraverso voucher della durata di un anno.

Con riferimento specifico alle locazioni, un importo pari al 60% del canone del mese di marzo 2020 potrà essere portato in compensazione come credito di imposta, detto beneficio è però limitato agli immobili locati ad uso negozio o bottega per il quali il DPCM dell’11 marzo 2020 ha stabilito la chiusura delle attività.

L’altra ipotesi in cui il nostro Codice Civile prevede la possibilità di risoluzione del contratto è l’eccessiva onerosità sopravvenuta prevista dall’art. 1467 c.c..

Si tratta di un rimedio invocabile per i contratti a esecuzione continuata, periodica o differita, operante quando a causa di eventi straordinari e imprevedibili si viene a creare un eccessivo squilibrio tra le prestazioni. I provvedimenti dell’Autorità, emergenza Covid-19 a livello locale e internazionale rientrano perfettamente tra le ipotesi eventi straordinari e imprevedibili riferibili al caso specifico. In questo caso la parte con la prestazione divenuta eccessivamente onerosa può chiedere la risoluzione del contratto senza che siano dovuti risarcimenti o penali da inadempimento, anche se l’altra parte può evitare la risoluzione offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.

L’unico modo per sbrogliare le inevitabili matasse in cui molte aziende si ritroveranno, è valutare preliminarmente il contratto stipulato. Anche qualora figurassero delle chiare clausole per la gestione di ritardi e inadempimento contrattuale per causa di forza maggiore, bisognerà però capire se il coronavirus rientri o meno in questa fattispecie.

Il coronavirus potrebbe rientrare nella categoria delle catastrofi naturali, ma anche in quella degli eventi umani, a causa degli impedimenti generati dalle misure di contenimento adottate dalle autorità locali (quarantene, limiti alla circolazione di merci e persone, ecc.). Se il coronavirus fosse effettivamente considerato causa invocabile per l’inadempimento, questo non escluderebbe una certa responsabilità da parte del soggetto inadempiente. Va infatti, ulteriormente valutato in che modo l’evento ha condizionato l’adempimento delle obbligazioni contrattuali, il rispetto degli obblighi stabiliti dal contratto e  la diligenza da parte del debitore una volta verificatosi l’evento (se ha informato tempestivamente la controparte, e se ha adottato le misure necessarie ad arginare le cause dell’evento il diffondersi del virus all’interno della sua azienda per evitare stop alla produzione/fornitura).

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