La sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

Non tutte le fattispecie di reato comportano l’applicazione delle norme sulla responsabilità amministrativa degli enti contenute nel decreto legislativo 231/2001.

Tuttavia, il legislatore italiano, da quando è in vigore il D.Lgs. 231/2001, si è prodigato ad aumentare l’elenco dei cosiddetti “reati presupposti” per la responsabilità degli enti, e con il decreto legge n. 124/2019 ha introdotto il nuovo art. 25 quinquiesdecies nel D.Lgs. 231/2001, il quale richiama i reati tributari disciplinati dal D.Lgs. 74/2000 e, tra questi l’art. 11 che prevede il reato di reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

In cosa consiste il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte?

L’art. 11 del D.Lgs. n. 74/2000 stabilisce la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni per

“chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva”.

Questa fattispecie di reato fiscale colpisce quei soggetti che, tramite una vendita simulata o altri atti fraudolenti compiuti sui beni del proprio patrimonio, ostacolano la procedura di riscossione (il pagamento delle imposte) che l’erario aziona per recuperare un credito tributario.

Affinché si possa integrare il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, dunque, occorrono i seguenti elementi fondamentali:

Quando si configura il reato di sottrazione fraudolenta: il concetto di bene giuridico

Chiaramente i primi dubbi che possano insinuarsi in chi s’imbatte per la prima volta in questa fattispecie di reato riguardano la sua ragione d’essere, la sua ratio legis, e soprattutto i rapporti di coesistenza col diritto di poter disporre liberamente del proprio patrimonio che, giustamente,  prima facie, appaiono in totale contrapposizione.

Per comprendere bene questo concetto è necessario fare un piccolo passo indietro. Nell’ordinamento penale l’esistenza stessa dei reati è spiegata con un orientamento ormai maggiormente diffuso tra gli operatori del diritto, la cosiddetta “teoria costituzionalmente orientata dei beni giuridici”, secondo cui ogni fattispecie di reato dev’essere posta a protezione di un’entità astratta (bene giuridico), comunque ricollegabile alle sfere di tutela consacrate nella Costituzione, come ad esempio, le libertà individuali, la proprietà e il buon andamento della pubblica amministrazione.

Il bene giuridico del reato in esame, anche alla luce delle diverse deliberazioni della Corte di Cassazione, viene individuato nel “buon esito della procedura di riscossione azionata dall’erario” e non, come da taluni ipotizzato in passato, nel diritto di credito del fisco. Semplicemente, non è necessario che l’azione criminosa descritta dalla norma arrivi effettivamente a rendere inefficace la procedura di riscossione ma è sufficiente ostacolarla.

Com’è intuibile, in questo caso, nel bilanciamento d’interessi tra il diritto di proprietà, sancito dall’art. 42 della Costituzione, e l’obbligo contributivo in ragione della propria capacità contributiva espresso all’art. 53 (inteso come principio a cui si ricollega il bene giuridico protetto dal reato in esame), è quest’ultimo a prevalere, e il diritto di proprietà, invece, a restringersi.

Le fattispecie del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

L’alienazione simulata

Dalle caratteristiche del bene giuridico, così come elaborato in giurisprudenza, ne discende che ci troviamo di fronte a un cosiddetto “reato di pericolo”, categoria di reati in cui non è necessaria la distruzione del bene giuridico per la loro configurazione, bensì è sufficiente che questo sia messo in pericolo, nel nostro caso con un’alienazione simulata o anche, come vedremo, conaltri atti fraudolenti.

Come si può notare, il nostro legislatore ha preferito cristallizzare le modalità dell’azione, rendendo la sottrazione fraudolenta delle imposte un reato a forma vincolata piuttosto che a forma libera, poiché può configurarsi solo se la condotta viene posta in essere nei modi in cui è descritta dalla norma incriminatrice.

Nel nostro caso, addirittura, ci troviamo di fronte a due condotte alternative, nel senso che sono, appunto, due le tipologie di operatività che vincolano il modo in cui deve manifestarsi l’azione necessaria ad integrare il reato.

L’alienazione simulata si riferisce proprio all’istituto di matrice civilistica della simulazione, secondo cui deve sussistere una preordinata divergenza tra quello che le parti del negozio dichiarano e quello che in realtà vogliono realizzare.

Quindi, si è in presenza di una:

Altri atti fraudolenti

Il legislatore è stato meno specifico nel disciplinare l’altra condotta con la quale si può commettere il reato in esame, visto che si è limitato a descriverla come “altri atti fraudolenti”. Astrattamente all’interno di tale nozione vi possono rientrare innumerevoli azioni indefinite e nella pratica le cose stanno propriamente così. Del resto, con una terminologia del genere, solo la Giurisprudenza, la quale si trova a dover valutare di volta in volta i casi concreti, può venirci in soccorso. Ad oggi, infatti, sono stati proprio gli interpreti a ridisegnare, quantomeno, i confini dell’atto fraudolento. Così, ad esempio, la Corte di Cassazione nelle sue varie pronunce:

“l’atto fraudolento è quello idoneo a rappresentare una realtà non corrispondente al vero” (Cass. Pen. n° 3011/2016);

o ancora, l’atto fraudolento è

“connotato da elementi di artificio, inganno o menzogna tale da rappresentare ai terzi una riduzione del patrimonio non corrispondente al vero” (Cass. Pen. 16686/2021)

“anche se formalmente lecito” (Cass. Pen. n° 29636/2018).

In buona sostanza, occorre che il pregiudizio arrecato non sia immediatamente percepibile proprio a causa del carattere fraudolento della condotta posta in essere dal debitore.

L’elemento soggettivo

Un’ulteriore caratteristica di questa fattispecie di reato riguarda l’elemento soggettivo. In questo caso, infatti, è richiesto il “dolo specifico”. Ciò sta a significare che non è sufficiente la rappresentazione e la volontà di condotta ed evento ma si rende necessario qualcosa in più, ossia la specifica finalità di sottrarsi al debito erariale, alla procedura di riscossione od ottenere un versamento delle imposte inferiore rispetto alle somme complessivamente dovute, la quale deve dirigere l’intero disegno criminoso nonché la condotta dell’agente.

Nell’ambito di un procedimento penale, com’è noto, la sussistenza o meno del dolo specifico viene dimostrata per mezzo di conclusioni logiche desunte dalla presenza di determinati indici fattuali, come, ad esempio, la preesistenza o meno di un debito erariale oppure la consistenza delle garanzie patrimoniali che rimangono dopo l’alienazione di un bene.

Com’è stato anticipato nelle premesse, questa fattispecie è stata inserita nel novero dei reati la cui commissione fa scattare la responsabilità penale della persona giuridica presso cui l’autore del reato è inserito come subordinato o apicale. Dalla descrizione del reato ci si può agilmente rendere conto che non è proprio difficile rimanere coinvolti in un procedimento con questo capo d’imputazione.

Infatti, nella realtà imprenditoriale italiana, non è inusuale che le società sebbene abbiano un rapporto debitorio di una certa consistenza con il fisco, debbano ricorrere alla cessione di beni o risorse di reddito patrimoniali per esigenze di liquidità. Pertanto, basta anche una lieve sottovalutazione dei rischi, per esporre la società a sanzioni potenzialmente disastrose come le sanzioni pecuniarie, la confisca per equivalente o sanzioni interdittive.

L’elemento oggettivo

Invece, in questa fattispecie la volontà di condotta ed evento può essere data da:

In questa eventualità siamo in presenza di reato di pericolo concreto e non di semplice pericolo perché la condotta deve essere compatibile al danno dell’oggetto di tutela, quindi quest’ultima deve essere quella del mancato versamento delle imposte, il quale costituisce il nucleo o il “concreto” danno verso l’amministrazione finanziaria.

La prevenzione di responsabilità penale agli enti: il modello organizzativo 231

L’unico strumento, legislativamente previsto, in grado di rendere praticamente immune la società dalle sanzioni ex decreto legislativo 231/2001 è il modello organizzativo e di gestione, denominato anche modello 231. Vale veramente la pena dotarsi di un modello idoneo e perfezionarlo su misura in quanto solo attraverso l’analisi e la valutazione dei rischi interni a una società si possono predisporre idonei protocolli e strumenti di protezione in grado di prevenire la commissione del reato.

Considerando, infine, anche se dovesse verificarsi la commissione del reato da parte di un soggetto inserito nella società, quest’ultima andrebbe comunque esente da qualsiasi condanna grazie alla sola adozione di un modello potenzialmente idoneo a prevenire la commissione.

La sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte: richiedi una consulenza legale

Infine, ricordiamo che con la sentenza 1564/2020, la Corte di Cassazione ha sottolineato che è possibile il concorso nel reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Infatti, sebbene sia un reato basato sulla figura del contribuente non vi è nessun ostacolo affinché concorra un soggetto estraneo al rapporto fiscale.

In buona sostanza, la clausola per una rilevanza penale della condotta del soggetto compartecipe è dettata dal fatto che abbia apportato un qualsivoglia contributo alla concretizzazione del reato così come si è particolarmente attuato.

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