Covid-19 e misure per il lavoro

L’emergenza sanitaria da coronavirus ha spinto il Governo ad adottare misure via via più restrittive che impattano su tante attività produttive, con conseguenze rilevanti sotto più punti di vista.

Di seguito una panoramica sugli obblighi a carico del datore di lavoro, dei lavoratori e sulle misure a sostegno del lavoro.

Obblighi del datore di lavoro

Alla luce dei provvedimenti emergenziali emanati con decreto dal Presidente del Consiglio dei Ministri e di quanto previsto dal “protocollo condiviso” del 14 marzo 2020, il datore di lavoro, anche in collaborazione con il medico competente e l’RSPP (nonché con le altre figure coinvolte in tema di sicurezza sul lavoro) deve:

1.      aggiornare il documento di valutazione rischi integrando i rischi riguardanti gli “agenti biologici”;

2.      individuare adeguati dispositivi di protezione individuale (mascherine, guanti, erogatori di gel disinfettante e antisettico, etc..). Le disposizioni relative all’uso delle mascherine e altri dispositivi di protezione sono limitate a quelle tipologie di lavoro che impongono di lavorare a distanza interpersonale minore di un metro;

3.      dare informazioni riguardanti la disposizioni delle Autorità in tema di COVID-19, non solo ai dipendenti ma anche a chiunque entri in azienda, attraverso le modalità più idonee ed efficaci (consegna di depliants o mediante affissione). In particolare, l’obbligo di rimanere al proprio domicilio in caso di febbre o altri sintomi, l’impegno a rispettare tutte le indicazioni del datore di lavoro e delle pubbliche autorità nel fare accesso in azienda, il dovere di informare tempestivamente il datore di lavoro della presenza di qualsiasi sintomo influenzale durante l’espletamento della prestazione lavorativa;

4.      vigilare sul rispetto delle prescrizioni igienico sanitarie da parte del personale. Un ruolo fondamentale, in questa fase, è svolto dal medico competente che dovrà integrare e proporre tutte le misure di regolamentazione legate al COVID-19 collaborando con il datore di lavoro e le RLS/RLST. Inoltre il medico competente deve segnalare all’azienda situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti e l’azienda provvederà alla loro tutela nel rispetto della privacy. Mai come in questo momento la sorveglianza sanitaria deve proseguire rispettando le misure igieniche contenute nelle indicazioni del Ministero della Salute (cd. decalogo);

5.      informare chi intende fare ingresso nei luoghi di lavoro della preclusione a chi abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19, provenga da zone a rischio o che abbia una temperatura superiore a 37,5 gradi. D’altra parte, vige per il lavoratore l’obbligo di informare tempestivamente il datore di lavoro laddove venga diagnosticata l’infezione da virus o si siano avuti contatti con persone contagiate. Nel protocollo condiviso viene prevista l’eventualità che l’azienda non si limiti ad informare, ma richieda il rilascio di una dichiarazione a personale ed altri soggetti che entrano in azienda (ad es. fornitori) attestante la non provenienza dalle zone a rischio epidemiologico e l’assenza di contatti, negli ultimi 14 giorni, con soggetti risultati positivi al COVID-19. In tal caso, si dovrà prestare attenzione alla disciplina sulla privacy, poiché l’acquisizione della dichiarazione costituisce un trattamento dati, personali, connessi alla salute, applicando quanto previsto in precedenza, in particolare riguardo all’informativa che andrà implementata ed integrata anche con riferimento a questo ulteriore e diverso trattamento di dati personali. Nello specifico, si suggerisce opportunamente di raccogliere solo i dati necessari, adeguati e pertinenti rispetto alla prevenzione del contagio da COVID-19. Ad esempio, se si richiede una dichiarazione sui contatti con persone risultate positive al COVID-19, occorre astenersi dal richiedere informazioni aggiuntive in merito alla persona risultata positiva. Oppure, se si richiede una dichiarazione sulla provenienza da zone a rischio epidemiologico, è necessario astenersi dal richiedere informazioni aggiuntive in merito alle specificità dei luoghi”.

Infatti, raccogliere dati relativi alla salute di terze persone diverse dal dichiarante comporterebbe problematiche di privacy, connesse sia alla base giuridica che all’informativa, di difficile e complessa gestione. Per concludere su questo punto si rileva che, come detto, la dichiarazione in parola potrebbe essere richiesta anche a soggetti diversi dai dipendenti che intendono entrare in azienda. In questo caso si adotterà ogni opportuno adattamento di quanto sopra esplicitato, soprattutto quanto all’informativa (ad es. integrazione dell’informativa ai fornitori);

6.      individuare modalità di ingresso in azienda, le quali determinano un trattamento di dati personali diverso e ulteriore rispetto a quanto avviene nella conduzione del normale rapporto lavorativo tra azienda e personale dipendente. Poiché tale possibile trattamento aggiuntivo riguarda particolari categorie di dati (c.d. dati sensibili), nello specifico dati relativi alla salute, il datore di lavoro dovrà necessariamente implementare il sistema privacy adottato in azienda, tenendo in particolar conto le misure, suggerite dal protocollo firmato il 14 marzo 2020. È importante notare come dette note utilizzino l’espressione “si suggerisce”, a rimarcare il fatto che sarà comunque onere e responsabilità dell’azienda l’individuazione, in conformità con la normativa vigente, delle misure più idonee alla tutela dei dati personali acquisiti, secondo il noto principio della c.d. accountability.

Il garante per la protezione dei dati personali con provvedimento del 02.03.2020 ha specificato che l’accertamento e la raccolta di informazioni relative ai sintomi e alle informazioni sugli spostamenti di ogni individuo spettano solamente agli operatori sanitari e al sistema attivato dalla protezione civile, tuttavia il Protocollo Condiviso, sottoscritto il 14.03.2020 ha precisato che il personale dipendente può essere sottoposto al controllo della temperatura e in caso di superamento dei 37.5 gradi potrà essere vietato l’ingresso ai luoghi di lavoro.

Come precisato, la misurazione in tempo reale della temperatura corporea costituisce un trattamento di dati personali e, come pare importante qui precisare, di una categoria sensibile di dati personali quali quelli inerenti alla salute, oggetto, notoriamente, di una disciplina in materia di privacy specifica e di particolare tutela. Dal punto di vista dei soggetti coinvolti il singolo lavoratore è il “proprietario” del dato trattato e il datore di lavoro è il titolare del trattamento. È lui quindi a determinare le finalità e i mezzi del trattamento. Nel trattare il dato il titolare del trattamento si serve infatti di propri “incaricati” (designati al trattamento) che operano sotto la sua diretta responsabilità. A tali soggetti fa riferimento il protocollo stabilendo che “sotto il profilo organizzativo, occorre individuare i soggetti preposti al trattamento e fornire loro le indicazioni necessarie”.

Il datore di lavoro dovrà pertanto designare per iscritto, eventualmente integrando e implementando precedenti incarichi, i soggetti che materialmente sono chiamati a compiere le operazioni di rilevamento della temperatura corporea, dando loro ogni necessaria istruzione in merito, anche dal punto di vista della protezione dei dati personali.

Altro soggetto coinvolto, ancorché solo eventualmente, è il destinatario del dato, e cioè il soggetto al quale il dato personale rilevato viene eventualmente trasmesso. I dati personali raccolti “non devono essere diffusi o comunicati a terzi al di fuori delle specifiche previsioni normative (es. in caso di richiesta da parte dell’Autorità sanitaria per la ricostruzione della filiera degli eventuali contatti stretti di un lavoratore risultato positivo al COVID – 19)”.

Pertanto, nella pratica, sarà necessario porre in essere le misure tecniche e organizzative volte a far sì che il dato raccolto, contenente il rilevo di positività al COVID-19, venga trasmesso solo ai soggetti individuati dalle previsioni di legge e su loro richiesta, evitando che lo stesso venga diffuso a soggetti terzi e tra essi, per quanto possibile, agli altri dipendenti dell’azienda. A questo proposito in caso di isolamento momentaneo dovuto al superamento della soglia di temperatura, sarà necessario “assicurare modalità tali da garantire riservatezza e dignità del lavoratore”.

Tali garanzie devono essere assicurate “anche nel caso in cui il lavoratore comunichi all’ufficio responsabile di aver avuto, al di fuori del contesto aziendale, contatti con soggetti positivi al COVID-19” e “nel caso di allontanamento del lavoratore che durante l’attività lavorativa sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria e dei suoi colleghi”.

Per quanto concerne la natura dei dati personali in esame e la base giuridica del trattamento, si ribadisce che si tratta di dati relativi alla salute, oggetto delle previsioni dell’art. 9 del Regolamento UE 679/2016 – GDPR, il quale prevede un regime di generale divieto al trattamento. Nel caso qui preso in considerazione, è però lo stesso art. 9 sopra citato a fornire la base giuridica di liceità del trattamento del dato personale, per il fatto che lo stesso è necessario per motivi di interesse pubblico, se non anche, e più specificamente, per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, quali la protezione da gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, a titolo di implementazione dei protocolli di sicurezza anti-contagio ai sensi dell’art. art. 1, n. 7, lett. d) del DPCM 11 marzo 2020. Ciò comporta che non sarà necessario richiedere uno specifico ed esplicito consenso al lavoratore per i trattamenti sopra specificati, in quanto, come sopra specificato, esiste una diversa base di liceità degli stessi.

Data la particolare natura dei dati personali in oggetto si suggerisce di rilevare la temperatura ma di procedere “ad identificare l’interessato e registrare il superamento della soglia di temperatura solo qualora sia necessario a documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso ai locali aziendali”.

Detta indicazione, che pare prevedere in sostanza l’identificazione e la registrazione del dato nel solo caso di superamento della soglia di 37,5° di temperatura corporea, è certamente utile al fine di far diminuire gli adempimenti e le misure che è necessario adottare per la protezione dei dati personali in caso di registrazione e conservazione del dato personale, ma deve essere precauzionalmente interpretata, (in linea con le previsioni del GDPR e in particolare con il suo articolo 11), nel senso che anche la semplice rilevazione della temperatura, ancorché non registrata, costituisce trattamento dei dati personali rilevante ai sensi della normativa privacy.

Quanto all’informativa sul trattamento dei dati personali, la stessa dovrà essere necessariamente resa al personale del quale si rileva la temperatura corporea.

In linea con quanto previsto dal GDPR, l’informativa può omettere le informazioni di cui l’interessato è già in possesso. E, infatti, è possibile provvedere alla predisposizione di una informativa integrativa, rispetto a quella già rilasciata ai dipendenti, che contenga unicamente le informazioni inerenti alle speciali e temporanee misure oggetto della presente trattazione. Il protocollo aggiunge poi che l’informativa “può essere fornita anche oralmente”. Su questo aspetto è necessario prestare particolare attenzione perché, se è vero che l’informativa orale è valida, è tuttavia possibile che si presentino in seguito delle problematiche relative alla prova del fatto che essa sia stata effettivamente resa, motivo per cui tale modalità dovrebbe essere riservata ai soli casi residuali di reale impossibilità a rilasciare un’informativa scritta.

Ancora, quanto ai contenuti dell’informativa, con riferimento alla finalità del trattamento potrà essere indicata la prevenzione dal contagio da COVID-19 e con riferimento alla base giuridica può essere indicata l’implementazione dei protocolli di sicurezza anti-contagio ai sensi dell’art. art. 1, n. 7, lett. d) del DPCM 11 marzo 2020 e con riferimento alla durata dell’eventuale conservazione dei dati si può far riferimento al termine dello stato d’emergenza;

7.      individuare servizi igienici riservati al personale esterno;

8.      isolare immediatamente persone sintomatiche in azienda e avvertire le autorità sanitarie (sempre nel rispetto dei sistemi di protezione della privacy);

9.      aggiornare l’informativa sulla sicurezza in caso di ricorso allo smart working;

10.   in caso di contratti di appalto aggiornare il Documento Unico per la Valutazione dei Rischi da Interferenze;

11.   assicurare la pulizia e sanificazione dei locali e degli strumenti di lavoro. Nel caso di presenza di una persona con COVID-19 all’interno dei locali aziendali, si dovrà procedere alla pulizia e sanificazione secondo le disposizioni della circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute che si riportano di seguito: “Pulizia di ambienti non sanitari In stanze, uffici pubblici, mezzi di trasporto, scuole e altri ambienti non sanitari dove abbiano soggiornato casi confermati di COVID-19 prima di essere stati ospedalizzati verranno applicate le misure di pulizia di seguito riportate. A causa della possibile sopravvivenza del virus nell’ambiente per diverso tempo, i luoghi e le aree potenzialmente contaminati da SARS-CoV-2 devono essere sottoposti a completa pulizia con acqua e detergenti comuni prima di essere nuovamente utilizzati. Per la decontaminazione, si raccomanda l’uso di ipoclorito di sodio 0,1% dopo pulizia. Per le superfici che possono essere danneggiate dall’ipoclorito di sodio, utilizzare etanolo al 70% dopo pulizia con un detergente neutro. Durante le operazioni di pulizia con prodotti chimici, assicurare la ventilazione degli ambienti. Tutte le operazioni di pulizia devono essere condotte da personale che indossa DPI (filtrante respiratorio FFP2 o FFP3, protezione facciale, guanti monouso, camice monouso impermeabile a maniche lunghe, e seguire le misure indicate per la rimozione in sicurezza dei DPI (svestizione). Dopo l’uso, i DPI monouso vanno smaltiti come materiale potenzialmente infetto. Vanno pulite con particolare attenzione tutte le superfici toccate di frequente, quali superfici di muri, porte e finestre, superfici dei servizi igienici e sanitari. La biancheria da letto, le tende e altri materiali di tessuto devono essere sottoposti a un ciclo di lavaggio con acqua calda a 90°C e detergente. Qualora non sia possibile il lavaggio a 90°C per le caratteristiche del tessuto, addizionare il ciclo di lavaggio con candeggina o prodotti a base di ipoclorito di sodio)”.

La gestione del personale

Su questo punto il Protocollo interviene su turnazione, trasferte, smart working e rimodulazione dei livelli produttivi. In particolare, facendo riferimento al punto 7 del DPCM 11 marzo 2020, limitatamente al periodo dell’emergenza dovuta al COVID-19, le imprese, avendo a riferimento quanto previsto dai CCNL e favorendo così le intese con le rappresentanze sindacali aziendali, potranno:

• disporre la chiusura di tutti i reparti diversi dalla produzione;

• procedere a una rimodulazione dei livelli produttivi;

• assicurare un piano di turnazione dei dipendenti dedicati alla produzione con l’obiettivo di diminuire al massimo i contatti;

• utilizzare lo smart working per tutte quelle attività che possono essere svolte presso il domicilio o a distanza. Fino al 31 luglio è sufficiente l’autocertificazione agli enti competenti (in luogo delle comunicazioni obbligatorie) e non è necessario l’accordo individuale scritto tra lavoratore e datore. È comunque consigliabile predisporre un Regolamento generale che disciplina le modalità dello smart working;

• utilizzare in via prioritaria gli ammortizzatori sociali disponibili nel rispetto degli istituti contrattuali (par, rol, banca ore), generalmente finalizzati a consentire l’astensione dal lavoro senza perdita della retribuzione. Considerare in malattia i lavoratori in quarantena o in permanenza domiciliare per covid-19 (il periodo di malattia non è computabile ai fini del perdiodo di comporto).

Come gestire una persona sintomatica in azienda

1) procedere all’isolamento del dipendente in base alle disposizioni dell’Autorità sanitaria;

2) eseguire un’indagine tesa all’individuazione eventuali e recenti contatti del dipendente, limitandosi a raccogliere i soli dati necessari, adeguati e pertinenti al fine di prevenire il contagio da COVID-19

3) avvertire immediatamente le autorità sanitarie

 

Le misure a sostegno del lavoro messe in atto dal Governo nel c.d. decreto “Cura Italia”

Cassa integrazione ordinaria e assegno ordinario

I soggetti beneficiari sono tutti i datori di lavoro che hanno dovuto sospendere o ridurre l’attività per eventi riconducibili al COVID-19 (per quei casi in cui ci si trovi già in CIG straordinaria o si usufruisca di assegno di solidarietà la misura sospende e sostituisce il trattamento precedente). Le domande vanno presentate entro la fine del quarto mese successivo all’inizio della sospensione o riduzione, potrà avere una durata massima di 9 settimane (e comunque entro il mese di agosto 2020). Non è necessario l’accordo sindacale, ma è sufficiente l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto da svolgersi anche er via telematica entro i tre giorni successivi a quelli della richiesta.

Cassa integrazione in deroga

I soggetti beneficiari sono i datori di lavoro del settore privato per i quali non trovano applicazione le misure precedenti ad esclusione dei datori di lavoro domestici. Anche in questo caso, la durata massima sarà di nove settimane e le domande dovranno essere presentate alle regioni che le esaminano secondo l’ordine cronologico di presentazione. A differenze della precedente misura, è necessario il previo accorso (anche concluso per via telematica) con organizzazioni sindacali per il datori di lavoro che occupano più di cinque dipendenti.

Congedi parentali conseguente ai provvedimenti di sospensione dell’attività didattica

Possono beneficiarne dipendenti del settore privato e pubblico, lavoratori autonomi iscritti all’INPS con figli (o bambini in affidamento) di età non superiore ai 12 anni (tale limite non opera in caso di figli con disabilità grave accertata). Ha una durata massima di 15 giorni continuativi o frazionati e prevede il pagamento del 50% della retribuzione. Tale misura può essere concessa qualora no vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, altro genitore disoccupato o comunque altro genitore non lavoratore.

In alternativa a questa misura gli stessi beneficiari potranno fruire di un Bonus fino a 600,00 € per il pagamento di baby sitter. Tale cifra è aumentata a 1.000,00 € qualora i soggetti beneficiari siano medici, infermieri, tecnici sanitari, ricercatori e forze dell’ordine.

Per i dipendenti del settore privato e pubblico con figli di età copresa tra i 12 e 16 anni è prevista la misura dell’astensione del lavoro con diritto alla sola conservazione del posto, sempre a patto che nel nucleo familiare l’altro coniuge non sia beneficiario di strumenti di sostegno al reddito o comunque non lavoratore.

Per i soggetti che già usufruiscono delle agevolazioni di cui alla l. 104/1992, è stato prevista l’estensione dei permessi retribuiti per 12 giorni in più nei mesi di marzo e aprile 2020.

Sono vietati i licenziamenti collettivi e per giustificato motivo oggettivo per 60 giorni decorrenti dal 17.03.2020.

+39 0916124005