Cessione di cubatura
La cessione di cubatura, nota anche come trasferimento di volumetria o di diritti edificatori, è un istituto giuridico complesso e dibattuto, che consente ai proprietari di fondi di “scambiare” la capacità edificatoria prevista dagli strumenti urbanistici. Nato per garantire una maggiore flessibilità nella gestione del territorio, questo strumento ha sollevato nel corso degli anni numerosi interrogativi, sia sulla sua natura giuridica che sulle modalità di applicazione.
In questo articolo analizzeremo le origini e le finalità della cessione di cubatura, ripercorrendo il vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale che ha portato alla storica sentenza delle Sezioni Unite n. 16080/2021. Esamineremo poi le conseguenze di questa pronuncia e le condizioni richieste dalla giurisprudenza amministrativa per la legittimità dell’istituto, soffermandoci su alcuni aspetti critici come la cessione “in volo” e l’uso speculativo dei diritti edificatori.
Le origini della cessione di cubatura
L’istituto della cessione di cubatura si è sviluppato nella prassi a partire dagli anni ’60, in seguito all’introduzione degli standard urbanistici ad opera della Legge 765/1967 (c.d. Legge Ponte) e del D.M. 1444/1968. Questi provvedimenti, nel fissare rapporti predeterminati tra superfici e volumi edificabili (c.d. indici di fabbricabilità), hanno di fatto “cristallizzato” la capacità edificatoria dei singoli lotti.
Di qui l’esigenza di introdurre meccanismi che consentissero una redistribuzione delle potenzialità edificatorie, per rispondere alle mutevoli esigenze del mercato e della pianificazione urbanistica. La cessione di cubatura si è affermata così come uno strumento negoziale che permette di trasferire, in tutto o in parte, la cubatura di un fondo (c.d. fondo servente) a beneficio di un altro (c.d. fondo dominante), consentendo a quest’ultimo di edificare oltre i limiti del proprio indice di fabbricabilità.
La natura giuridica della cessione di cubatura
Fin dalle sue prime applicazioni, la qualificazione giuridica della cessione di cubatura ha suscitato un vivace dibattito in dottrina e giurisprudenza. Due gli orientamenti principali che si sono confrontati:
– secondo una prima tesi, sostenuta soprattutto dalla dottrina civilistica, la cessione di cubatura avrebbe natura di diritto reale, e in particolare di servitù non aedificandi. Il diritto edificatorio viene visto come una qualità intrinseca del fondo, che attraverso il contratto di cessione viene distaccata dalla proprietà per essere trasferita o costituita a beneficio di altro fondo. Il vincolo così impresso avrebbe carattere reale e permanente, concretizzandosi in un rapporto di asservimento tra i due fondi;
– una diversa impostazione, prevalente in ambito amministrativistico, attribuisce invece alla cessione di cubatura natura obbligatoria. Secondo questa tesi, l’accordo tra cedente e cessionario genererebbe solo un vincolo inter partes, obbligando il primo a prestare il proprio consenso affinché il secondo possa ottenere un titolo abilitativo “maggiorato”. Il trasferimento della cubatura non avverrebbe con effetti reali immediati, ma sarebbe sempre subordinato al rilascio del permesso di costruire da parte della P.A.
Le conseguenze applicative delle due tesi sono significative, soprattutto per quanto riguarda l’opponibilità ai terzi e la necessità della trascrizione. Mentre la ricostruzione in termini di realità comporta la trascrizione del contratto di cessione e la sua efficacia erga omnes, la tesi dell’obbligatorietà riconduce la fattispecie alla sfera dei rapporti personali, con effetti più limitati.
La svolta delle Sezioni Unite
Il contrasto interpretativo sulla natura della cessione di cubatura è stato risolto dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 16080 del 9 giugno 2021. Con questa pronuncia, la Suprema Corte ha accolto una soluzione intermedia, qualificando la cubatura come un diritto edificatorio autonomo, di natura non reale ma con rilevante contenuto patrimoniale.
Secondo le Sezioni Unite,
“la cessione di cubatura, con la quale il proprietario di un fondo distacca in tutto o in parte la facoltà inerente al suo diritto dominicale di costruire nei limiti della cubatura assentita dal piano regolatore e, formandone un diritto a sé stante, lo trasferisce a titolo oneroso al proprietario di altro fondo urbanisticamente omogeneo, è atto immediatamente traslativo di un diritto edificatorio di natura non reale a contenuto patrimoniale”.
Con questa affermazione, la Cassazione riconosce alla cubatura una propria autonomia concettuale e giuridica, sganciandola dalla proprietà del fondo ma senza attribuirle il carattere della realità. Il diritto edificatorio trasferito con la cessione viene configurato come un diritto soggettivo di natura personale, suscettibile di immediata cessione inter vivos ma con un’efficacia obbligatoria e non reale.
Le conseguenze della sentenza n. 16080/2021
La qualificazione della cubatura come diritto edificatorio autonomo di natura non reale comporta alcune rilevanti conseguenze sul piano applicativo:
1. il trasferimento del diritto edificatorio avviene con effetto immediato al momento della stipula del contratto di cessione, senza la necessità del previo rilascio del permesso di costruire. Quest’ultimo assume una valenza “abilitativa” dell’esercizio del diritto, ma non incide sulla sua titolarità;
2. il diritto edificatorio, non avendo natura reale, non è opponibile erga omnes ma solo inter partes e nei confronti degli aventi causa del cedente. Per garantire la certezza dei traffici giuridici, il legislatore ha comunque previsto la trascrizione dei contratti di cessione di cubatura (art. 2643 n.2 bis c.c.), con funzione di pubblicità-notizia;
3. viene meno la stretta inerenza del diritto edificatorio rispetto al fondo, aprendo la strada alla cedibilità “in volo” della cubatura, cioè senza l’immediata individuazione di un fondo cessionario. In questo caso il diritto edificatorio assume una dimensione “astratta”, in attesa di “atterrare” su un fondo compatibile;
4. si rafforza l’idea della cubatura come bene giuridico autonomo, suscettibile di autonoma circolazione e valorizzazione economica. Questo aspetto, se da un lato amplia le possibilità di gestione “dinamica” dei diritti edificatori, dall’altro può prestare il fianco a derive speculative e distorsive del mercato immobiliare.
Le condizioni di legittimità della cessione di cubatura
Al di là della sua qualificazione giuridica, la cessione di cubatura deve rispettare alcuni requisiti di legittimità elaborati dalla giurisprudenza amministrativa. In particolare:
– i fondi interessati devono essere omogenei dal punto di vista urbanistico, cioè avere la stessa destinazione di zona e lo stesso indice di fabbricabilità originario. Questo per evitare alterazioni della programmazione urbanistica e sperequazioni tra proprietari.
– l’operazione deve essere prevista e disciplinata dallo strumento urbanistico generale, che ne definisce ambiti, modalità e limiti. In assenza di una specifica previsione di piano, la cessione di cubatura rischia di porsi in contrasto con il principio di tipicità degli atti amministrativi.
– Il Comune deve operare un effettivo riesame di merito sulla cessione, valutandone la compatibilità con gli interessi pubblici coinvolti e l’impatto sull’assetto urbanistico complessivo. Non si tratta di un atto dovuto, ma di una valutazione discrezionale da condurre alla luce dei principi di imparzialità, buon andamento e proporzionalità.
Solo in presenza di questi presupposti l’istituto della cessione di cubatura può ritenersi legittimo e coerente con l’ordinamento urbanistico. Ogni applicazione che si discosti da tali canoni rischia di essere censurata dal giudice amministrativo per eccesso di potere o violazione di legge.
Profili critici e prospettive future
Nonostante il suo indiscusso rilievo applicativo, la cessione di cubatura presenta ancora diversi profili problematici, sui quali sarà necessario un ulteriore approfondimento dottrinale e giurisprudenziale.
In primo luogo, la “smaterializzazione” del diritto edificatorio e la sua suscettibilità di cessione “in volo” pongono delicati problemi di certezza dei rapporti giuridici e di coerenza con il sistema della pubblicità immobiliare. La trascrivibilità di atti aventi ad oggetto entità non ancora “atterrate” su un fondo specifico rappresenta una forzatura del principio di tipicità che meriterebbe una più puntuale disciplina normativa.
In secondo luogo, l’accentuazione della valenza economica e “circolatoria” della cubatura può favorire fenomeni di speculazione e intermediazione immobiliare, con il rischio di un’alterazione dei valori di mercato e di una compromissione delle scelte di pianificazione urbanistica. Occorre evitare che la cessione di cubatura si trasformi in uno strumento di elusione dei meccanismi perequativi e di attuazione consensuale del piano.
Infine, appare necessaria una più chiara definizione dei rapporti tra autonomia negoziale e potere di controllo della P.A. Se è vero che il contratto di cessione ha un’efficacia traslativa immediata, è altrettanto vero che l’esercizio del diritto edificatorio resta subordinato al potere conformativo del Comune, che non può essere completamente svuotato di contenuto. Una più precisa perimetrazione delle rispettive sfere di competenza potrà evitare cortocircuiti applicativi e contenziosi.
In conclusione, la cessione di cubatura rappresenta uno strumento prezioso per una gestione “dinamica” del territorio, in grado di contemperare interessi pubblici e privati. Affinché tale strumento possa dispiegare appieno le sue potenzialità, è però necessario un suo attento inquadramento normativo e applicativo, che ne prevenga usi distorti e ne assicuri la coerenza con i principi generali dell’ordinamento.